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I signorotti del calcio
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*Cosa dire?* Uno cerca di star lontano dal calcio, specialmente dopo una
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“Le stanze del cielo” autore Paolo Ruffilli Edito Gli Specchi Marsilio
Impressioni di patrizia garofalo “e ti ricordo / quel geranio acceso/ su un muro crivellato di mitraglia/ forse neanche più la morte /consola i vivi / la morte per amore?” Eliot
Mi è stata necessaria la rilettura de “la gioia e il lutto” soprattutto nell’ultima sua parte dove leggiamo”io credo/ qualcosa resterà di noi. La parte/più sottile/ e più leggera/volerà via/ e troverà la strada/ e li nel fondo cieco/ dove la vita/ finisce ai nostri occhi/ scandita dalla morte/ fluisce un grande fiume di energia/………..nel mare di dolcezza/ e scoprirà di colpo/ la sua pace assoluta./La copertina luminosa riporta un particolare della Pietà di Giovanni Bellini , nel quale cogliamo la accorata umanità di una madre che abbraccia il figlio quasi consapevole che la morte preluda ad uno scampo più nobile: l’infinito, inteso sia in senso religioso che laico………..ma comunque pregno di spiritualità. L’ossimoro del titolo mi sembra inoltre confermare, la luce serena ed espansiva degli ultimi versi. “La stanze del cielo” propone invece un orizzonte suddiviso in parti come quello che si vede da una finestra con le inferriate, una copertina lucida ma non luminosa, sicuramente surrealista, un’architettura del mondo capovolta e possibile espressione del sogno di chi non potrà volare , né reinventarsi, né respirare e neanche morire. Chi lo condanna è un mondo omologato, retto da una giustizia che mai diventa avvicinamento all’uomo ma codificazione dell ‘essere in base al fatto commesso, ma c’è ancor di più: la presenza, nella condanna dei”tanti/ presunti puri/ e incontaminati /pag 40 “ I subalterni qua/ sembra che trovino piacere a disprezzarci/dalle loro vite buie come le celle/…appena da un abbaglio di potenza/ appena consolati” pag 46. La poesia dell’autore si incupisce , volutamente anti-lirico da sempre, in questo testo, la poco netta demarcazione tra poesia e prosa che hanno sempre reso particolare le liriche di Paolo Ruffilli , sembrano dare spazio più a quest’ultima che guarda con un distacco spesso smaccato , quasi voluto , impotente ad andare oltre……il mondo di brutture che vive libero, in realtà, presuntuoso prigioniero delle sue stesse norme “ E’ l’avvocato/ la tua innocenza/ o la tua colpa/ e, più sei innocente,/ e meno riesci infatti/ a farne senza/pag 41 /E’ un patto: si arriva/ a giudicare il fatto, non la persona/ E una sola azione/ non corrisponde all’uomo/non può rappresentarlo/ né tanto meno cancellarlo pag 39”” si fa il possibile/ per questa gente/….ti dicono di noi/ da bere e da mangiare/ più che sufficiente, e sonno quanto basta/ le loro messe, i libri/ ore di svago e di riposo”pag 19. E insieme alla condanna, anche il rifiuto dei familiari per i quali è incomodo vergognoso chi ha riempito un silenzio assordante di “una finta luce/ che ti gonfia il cuore” pag 77 o abbia compiuto un atto al quale la giustizia abbia risposto con il carcere.Lo percorriamo nel” Le stanze del cielo”” ovunque rena un ordine delle cose…….spazzato e ripulito eppure in abbandono”pag 20 “letti affiancati…/ privati del privato”. Non riesco a sentire che allo stile prosastico di Paolo Ruffilli corrisponda un sentimento distaccato e triste sulla realtà della vita, credo invece l’opposto, che quanto più il dolore riesce ad essere contenuto in modalità di scrittura che non connotino l’io narrante, tanto più si dichiara la sofferenza e la partecipazione sentita dall’autore e offerta al lettore per essergli guida ad un viaggio nell’Ade; non quello di virgiliana e dantesca memoria ma quello presente in ogni città, vicino al supermarket , a due passi da un autosalone, prima di una pista ciclabile per i pomeriggi domenicali, prima di quello stradone che in due minuti ci riporta dentro le nostre case e ancora, quando lo si voglia, fuori da esse. Noi ci siamo, vediamo, fortemente correi di uno sguardo non alzato, di un pensiero non sprecato nella fretta del niente. Dietro le sbarre anche non visibili di chiunque abbia scelto l’errore, “ pag 71 “ non fu curiosità/ e non fu noia/la cosa che mi spinse/ e mi ha smarrito /fu anzi la coscienza/ minuziosa di me e del mondo”i sospiri , i sogni, la perdizioni di gente come noi che si contorce in un’emorragica asfissia, numeri non meglio identificati, malati terminali per sempre, prolungamento di dolore, mancanza di credo,sepoltura in vita , condanna ad “ un eterno presente”ad un’inerzia che non ricorda volti e passato tranne per qualche minuto , al buio dove ci ritrova quelli di allora” ed ogni volta/rientrato in sogno/ a casa mia/ è peggio/ per tornare via pag 32”ma è stato/ il mio sognare/ di slegare la libertà/ dai vincoli del corpo/ che mi ha tradito/ e incatenato/ da dentro l’infinito” pag79. Dopo poche righe , entra, insinuante nell’animo, il ritmo di una cantilena dei versi che si ripete quasi assillante fin dall’inizio del testo…………e fa ricordare quei dondolii tipici delle persone abbandonate da tempo , che sembrano cantarsi la ninna nanna…..per un sonno che tarda ad arrivare, che si carezzano il corpo e hanno sempre gli occhi sgranati………..e l’autore scatta, manovra la macchina fotografica dell’immagine nella parola….una dopo l’altra……senza soste…….con una denuncia che solo un alto linguaggio può tradurre in parole e riportarne l’affanno , l’eternità dell’oggi, l’umidore delle pareti, i sogni e l’abbagliante accecamento di cercare le vene..per respirare…poi… più sconfitti di prima. A loro, “ le stanze del cielo “ restituiscono “ l’identità “ e per loro il poeta capovolge un mondo senza pietas………..senza smarrimenti, lineare, logico, abitudinario e potente e apre le stanze come per un invito ad un futuro possibile…………..senza numero..con letti privati e con “ la cura” delle loro colpe.
4 commenti:
“Le stanze del cielo”
autore Paolo Ruffilli
Edito Gli Specchi Marsilio
Impressioni di patrizia garofalo
“e ti ricordo / quel geranio acceso/ su un muro crivellato di mitraglia/ forse neanche più la morte /consola i vivi / la morte per amore?” Eliot
Mi è stata necessaria la rilettura de “la gioia e il lutto” soprattutto nell’ultima sua parte dove leggiamo”io credo/ qualcosa resterà di noi. La parte/più sottile/ e più leggera/volerà via/ e troverà la strada/ e li nel fondo cieco/ dove la vita/ finisce ai nostri occhi/ scandita dalla morte/ fluisce un grande fiume di energia/………..nel mare di dolcezza/ e scoprirà di colpo/ la sua pace assoluta./La copertina luminosa riporta un particolare della Pietà di Giovanni Bellini , nel quale cogliamo la accorata umanità di una madre che abbraccia il figlio quasi consapevole che la morte preluda ad uno scampo più nobile: l’infinito, inteso sia in senso religioso che laico………..ma comunque pregno di spiritualità. L’ossimoro del titolo mi sembra inoltre confermare, la luce serena ed espansiva degli ultimi versi.
“La stanze del cielo” propone invece un orizzonte suddiviso in parti come quello che si vede da una finestra con le inferriate, una copertina lucida ma non luminosa, sicuramente surrealista, un’architettura del mondo capovolta e possibile espressione del sogno di chi non potrà volare , né reinventarsi, né respirare e neanche morire. Chi lo condanna è un mondo omologato, retto da una giustizia che mai diventa avvicinamento all’uomo ma codificazione dell ‘essere in base al fatto commesso, ma c’è ancor di più: la presenza, nella condanna dei”tanti/ presunti puri/ e incontaminati /pag 40 “ I subalterni qua/ sembra che trovino piacere a disprezzarci/dalle loro vite buie come le celle/…appena da un abbaglio di potenza/ appena consolati” pag 46. La poesia dell’autore si incupisce , volutamente anti-lirico da sempre, in questo testo, la poco netta demarcazione tra poesia e prosa che hanno sempre reso particolare le liriche di Paolo Ruffilli , sembrano dare spazio più a quest’ultima che guarda con un distacco spesso smaccato , quasi voluto , impotente ad andare oltre……il mondo di brutture che vive libero, in realtà, presuntuoso prigioniero delle sue stesse norme “ E’ l’avvocato/ la tua innocenza/ o la tua colpa/ e, più sei innocente,/ e meno riesci infatti/ a farne senza/pag 41
/E’ un patto: si arriva/ a giudicare il fatto,
non la persona/ E una sola azione/ non corrisponde all’uomo/non può rappresentarlo/ né tanto meno cancellarlo pag 39”” si fa il possibile/ per questa gente/….ti dicono di noi/ da bere e da mangiare/ più che sufficiente, e sonno quanto basta/ le loro messe, i libri/ ore di svago e di riposo”pag 19.
E insieme alla condanna, anche il rifiuto dei familiari per i quali è incomodo vergognoso chi ha riempito un silenzio assordante di “una finta luce/ che ti gonfia il cuore” pag 77 o abbia compiuto un atto al quale la giustizia abbia risposto con il carcere.Lo percorriamo nel” Le stanze del cielo”” ovunque rena un ordine delle cose…….spazzato e ripulito eppure in abbandono”pag 20 “letti affiancati…/ privati del privato”.
Non riesco a sentire che allo stile prosastico di Paolo Ruffilli corrisponda un sentimento distaccato e triste sulla realtà della vita, credo invece l’opposto, che quanto più il dolore riesce ad essere contenuto in modalità di scrittura che non connotino l’io narrante,
tanto più si dichiara la sofferenza e la partecipazione sentita dall’autore e offerta al lettore per essergli guida ad un viaggio nell’Ade; non quello di virgiliana e dantesca memoria ma quello presente in ogni città, vicino al supermarket , a due passi da un autosalone,
prima di una pista ciclabile per i pomeriggi domenicali, prima di quello stradone che in due minuti ci riporta dentro le nostre case e ancora, quando lo si voglia, fuori da esse. Noi ci siamo, vediamo, fortemente correi di uno sguardo non alzato, di un pensiero non sprecato nella fretta del niente. Dietro le sbarre anche non visibili di chiunque abbia scelto l’errore, “ pag 71 “ non fu curiosità/ e non fu noia/la cosa che mi spinse/ e mi ha smarrito /fu anzi la coscienza/ minuziosa di me e del mondo”i sospiri , i sogni, la perdizioni di gente come noi che si contorce in un’emorragica asfissia, numeri non meglio identificati, malati terminali per sempre, prolungamento di dolore, mancanza di credo,sepoltura in vita , condanna ad “ un eterno presente”ad un’inerzia che non ricorda volti e passato tranne per qualche minuto , al buio dove ci ritrova quelli di allora” ed ogni volta/rientrato in sogno/ a casa mia/ è peggio/ per tornare via pag 32”ma è stato/ il mio sognare/ di slegare la libertà/ dai vincoli del corpo/ che mi ha tradito/ e incatenato/ da dentro l’infinito” pag79. Dopo poche righe , entra, insinuante nell’animo, il ritmo di una cantilena dei versi che si ripete quasi assillante fin dall’inizio del
testo…………e fa ricordare quei dondolii tipici delle persone abbandonate da tempo , che sembrano cantarsi la ninna nanna…..per un sonno che tarda ad arrivare, che si carezzano il corpo e hanno sempre gli occhi sgranati………..e l’autore scatta, manovra la macchina fotografica dell’immagine nella parola….una dopo l’altra……senza soste…….con una denuncia che solo un alto linguaggio può tradurre in parole e riportarne l’affanno , l’eternità dell’oggi, l’umidore delle pareti, i sogni e l’abbagliante accecamento di cercare le vene..per respirare…poi… più sconfitti di prima.
A loro, “ le stanze del cielo “ restituiscono “ l’identità “ e per loro il poeta capovolge un mondo senza pietas………..senza smarrimenti, lineare, logico, abitudinario e potente e apre le stanze come per un invito ad un futuro possibile…………..senza numero..con letti privati e
con “ la cura” delle loro colpe.
Grande Paolo Ruffilli che ha riscosso successo dopo esser stato intervistato alla "LA TELA SONORA" il 20 febbraio scorso .....
abbracci sonori
PAOLO RUFFILLI E ' STATO INTERVISTATO LO SCORSO 17 FEBBRAIO
SALUTI
si va behhhh.... chi vuol capire intenda ........
inshallah
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